Il Consulente Finanziario

Quale figura si cela dietro questo professionista, come lavora e che beneficio può dare al nostro cliente che si trova nel bel mezzo di una rivoluzione bancaria?

Da una recente analisi della Consob dal 2019 al 2022 gli italiani che si affidano ai consulenti finanziari sono passati dal 17% al 28%, una crescita a doppia cifra che ci dà una percezione chiara del trend che il settore sta avendo, e che ha avuto una forte impennata durante l’emergenza sanitaria Covid, complice l’impossibilità di potersi spostare e soprattutto grazie all’elasticità ed alla varietà dei mezzi di comunicazione che il consulente ha a sua disposizione per raggiungere i propri clienti.

In America la percentuale di chi si affida al consulente è totalmente ribaltata rispetto alle banche tradizionali tanto che quasi ogni famiglia ha il proprio consulente finanziario. Nel nostro Paese è la generazione dei millenial (i nati tra l’inizio degli anni ottanta e la metà degli anni novanta) che si affida maggiormente ai consulenti, proprio per la praticità d’uso che le nuove tecnologie offrono ed il minor tempo a disposizione che la vita lavorativa ed extra lavorativa impone a discapito di orari di aperure degli sportelli bancari che ormai sono comodi solo ai pensionati. Siamo oggettivi, se oggi hai necessità di andare in banca ti devi prendere un giorno di ferie o un permesso lavorativo, se sei un dipendente o perdere delle ore di lavoro se sei un imprenditore o un libero professionista. Andare in filiale è una seccatura.

Ma proviamo a capirne ulteriori motivi.

Nelle banche tradizionali è venuta a mancare la relazione. Per ognuno di noi il denaro è un aspetto molto importante e delicato e si sta capendo l’importanza, aggiungo io, finalmente, di un modello di servizio che mette veramente al centro il cliente, le sue necessità e le sue aspettive. C’è bisogno di avere al proprio fianco una persona di cui fidarsi, da poter raggiungere in ogni modo possibile (mail, chat,  videoconferenza, presso la propria abitazione o il proprio ufficio) che ha scelto questa professione perché ritiene che sia la professionalità, le competenze, il consolidamento della relazione ed il lungo periodo la chiave di una partnership vincente.

Professionalità, relazione e flessibilità sono le chiavi che un consulente oggi ha a sua disposizione per poter gestire al meglio il rapporto con il suo cliente, in una banca tradizionale, stanno venendo meno.

È una professione che impone a livello nazionale l’iscrizione all’albo dei consulenti finanziari OCF dietro il superamento di un esame che si compone di sessanta domande a risposta multipla estratte a sorte su migliaia di domande ed è oggetto di periodici aggiornamenti.

In passato si svolgeva presso le sedi dell’OCF di Milano, Roma, Napoli, ed altre principali città italiane, oggi on line. È possibile anche ottenere l’iscrizione all’albo dopo aver passato diversi anni in un istituto di credito e ricoperto per un determinato periodo il ruolo di responsabile di filiale con un certo numero di addetti ed aver raggiunto un determinato grado.

Un ruolo però che non è estraneo a critiche e a dubbi per via dei guadagni che il consulente ottiene dal proprio cliente. Spieghiamo quindi da cosa si compone la fattura di un consulente finanziario.

Al momento sono ancora rari, anche se in crescita, i casi in cui il consulente emetta fattura direttamente al proprio cliente, tendenzialmente il consulente si appoggia ad una banca mandante o banca rete, e le fatture  sono autoemesse da quest’ultima a favore del consulente sulle management fee che il portafoglio genera in relazione alle masse della clientela.

Le management fee sono il risultato delle commissioni che il cliente paga quando sottoscrive un determinato prodotto o le commissioni di gestione che, ad esempio, un fondo di investimento addebita al cliente. Come? Andando a ridurre il margine di rendimento che quel fondo ha maturato (commissioni di mantenimento). In alcune banche reti al consulente viene anche riconosciuta una parte di commissioni derivanti dalla gestione di un conto corrente, di un mutuo per l’acquisto di un immobile, di un finanziamento. Questa retrocessione, quindi, è data da una percentuale media di tutto il portafoglio e dei prodotti e servizi che il cliente del consulente sottoscrive (dal conto corrente al bancomat, alla sottoscrizione di fondi, di prodotti assicurativi, di polizze, ecc). Possiamo considerare il consulente come una piccola banca dentro la banca, che percepisce un reddito derivante da tutte le voci di costo del cliente.

Cosa differenzia quindi un consulente da una banca tradizionale? Il rapporto, e mi spiego meglio.

Il cliente, la propria relazione ce l’ha con il consulente e non con la banca mandante. Quest’ultima è importante perché fornisce al consulente ed al cliente gli strumenti necessari per poter soddisfare le necessità basiche (conto corrente, carta, domiciliazione utenze, finanziamento, mutuo, prodotti di investimento per citarne alcuni) ma il centro su cui gravita questo ecosistema è il cliente.

Ovviamente non si può ‘sminuire’ la società mandante ad una mera fornitrice di servizi, perché cosi non è. Parliamo di Istituti Nazionali con una storia, un nome, una solidità patrimoniale il più delle volte ben oltre le tradizionali banche retail, realtà nate da sempre per la gestione e tutela del risparmio. Io enfatizzo il concetto per mettere l’accento sul tema della relazione umana cliente-consulente.

Il servizio che il consulente fornisce è reso al cliente nell’ottica del suo beneficio perché questo sia soddisfatto e conseguentemente sia un portatore di referenze attive al proprio gestore. Consigliereste a qualcuno una persona con cui non avete un buon rapporto,  non vi fidate e non gestisce al meglio il vostro patrimonio? Se il cliente non è soddisfatto prende i suoi soldi e li porta da un altro consulente facendo ridurre conseguentemente le masse gestite al proprio consulente e riducendone la fattura mensile. Meno clienti ha il consulente e meno guadagna.

È il cliente che misura la ‘febbre’ al consulente.

Il bancario tradizionale che faccia bene il suo lavoro o che lo faccia male, percepisce ogni mese, lo stesso giorno fino alla pensione il suo stipendio. Capite che l’attenzione a fare bene il proprio lavoro nell’interesse del cliente è fortemente messa in discussione da un modello di servizio di tipo tradizionale? Tenuto conto che tra mediamente due o tre anni quel gestore verrà trasferito in altra filiale o ad altro incarico? Quel 28% di italiani che hanno scelto di esser seguiti da un consulente se ne sono accorti e l’indice di soddisfazione della clientela evidenzia che chi è seguito dal proprio consulente è meno propenso a cambiare perché percepisce un’attenzione totalmente diversa.

Quindi più masse si gestiscono, più il cliente è soddisfatto del servizio, più la gestione del denaro è in linea con le aspettative del cliente piu il consulente guadagna, ma guadagna sul totale del portafoglio di tutti i suoi clienti e sei servizi e prodotti sottoscritti.

Il consulente partecipa in percentuale variabile alla redditività che il cliente genera alla mandante a cui è legato. Non che oggi sia diverso in una banca tradizionale ma il dipendente è stipendiato, non è legato al cliente, propone prodotti standardizzati, non è adeguatamente formato ed periodicamente viene spostato su altra filiale, il consulente deve mettere al centro del suo lavoro il suo cliente.

Sfatiamo quindi l’accezione negativa che il consulente sia più caro di una banca tradizionale e sia propenso alla proposta di prodotti più aggressivi e speculativi per il cliente, al contrario è più attento a fare bene perché dal suo cliente dipende il suo reddito. È un punto di vista totalmente differente e che gioca a favore del cliente stesso.

Ogni cliente ha una sua naturale propensione alla rischiosità dei propri investimenti: ci sono gli amanti del mercato azionario e ci sono quelli che preferisco il mercato obbligazionario. Il ruolo del consulente è condividere con il cliente questo comportamento e proporgli il prodotto giusto, accompagnarlo nelle fasi più delicate del mercato, gestirne l’emotività, gioire per i risultati raggiunti ed essere al suo fianco, sempre. Ne deriva quindi la consapevolezza e la trasparenza dell’investimento perché è un’operazione condivisa. Non è una vendita di prodotti standardizzati in modo massivo a clienti che hanno aspettative diverse, ma si tratta di scegliere il prodotto giusto per quel cliente.

Si deve pertanto vedere il consulente finanziario come un professionista alla stregua di un medico, di un avvocato, di un notaio. Una figura a cui il cliente si rivolge per avere un check up periodico dei propri investimenti e del proprio denaro, che sa consigliare al meglio il cliente in funzione delle sue necessità presenti e future e dei suoi obiettivi. Io mi allargo un po’ e lo definisco come il ‘vicino della porta accanto’.

Lato costi non dimentichiamo, inoltre, che la mandante non ha una rete fisica di filiali e pertanto non sostiene i costi che tutte le strutture richiedono, alleggerendo, e di molto, le commissioni che il cliente deve pagare. Ecco perché una banca rete è in grado di proporre alla propria clientela prodotti più remunerativi e servizi meno costosi per il cliente, banalmente la gratuità del conto corrente.

Ultimo aspetto, non meno importante, è la reputazione su cui si fonda il consulente. Internet ha messo in mano ad ognuno di noi una vetrina in cui trovare qualsiasi informazione e che quotidianamente utilizziamo per fare ricerche di ogni tipo. Pensiamo all’impatto che potrebbe avere un giudizio negativo per un consulente finanziario. Il dipendente di una banca è ‘protetto’ dall’Istituto, e se opera in modo non corretto, viene spostato ad altro incarico o nel peggior caso viene invitato a dimettersi, ma pensiamo al riflesso che potrebbe avere questo su di un libero professionista. In questo caso la trasparenza è massima. Pensiamo, di contro, all’impatto positivo che una buona reputazione può avere su un professionista che lavora bene.

La figura del consulente quindi è senza dubbio il modello di servizio che vedrà crescere il suo mercato nel prossimo futuro così come sta già avvenendo oggi.

 

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